Ordinanza n. 479 del 1991

 

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 479

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 304, quarto comma, del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 18 marzo 1991 dal Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Amato Antonino ed altri, iscritta al n. 402 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri;

Ritenuto che il Tribunale di Bologna, adito - ai sensi degli artt. 304, terzo comma, e 310 del codice di procedura penale - in sede di appello avverso l'ordinanza con cui la locale Corte d'assise aveva disposto la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare ex art. 304, secondo comma, del codice di procedura penale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 304, quarto comma, del medesimo codice, il quale fissa in due terzi del massimo della pena prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza la durata insuperabile della custodia cautelare, tenuto conto anche delle sospensioni dei termini eventualmente disposte ai sensi dei commi precedenti dello stesso articolo;

che, ad avviso del remittente, la norma impugnata viola gli artt. 76, 77 e 13, quinto comma, della Costituzione, "in entrambe le interpretazioni possibili dell'art. 2, punto 61, della legge n. 81/8/7";

che, in particolare, il giudice a quo osserva che, se la legge di delega, al punto 61, con la frase "previsione che in ogni caso la durata massima della custodia in carcere, tenuto conto anche di tutte le proroghe, non possa superare i quattro anni, sino alla sentenza definitiva", intendesse riferirsi anche alla durata della custodia tenuto conto della sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari, l'art. 304, quarto comma, del codice di procedura penale sarebbe incostituzionale per violazione della norma delegante;

che se invece, prosegue il remittente, la legge di delega avesse fissato soltanto il termine ultimo di custodia tenendo conto delle proroghe senza nulla prevedere in riferimento alle sospensioni dello stesso termine, la norma delegante (art. 2, punto 61, legge n. 81/87) "potrebbe ritenersi viziata per violazione del combinato disposto degli artt. 13, quinto comma, e 76, della Costituzione, non avendo il legislatore delegante fornito principi e criteri direttivi idonei a stabilire per legge i limiti massimi della carcerazione preventiva"; e pur avendo il legislatore delegato introdotto tale limite con l'art. 304, quarto comma, del codice di procedura penale, "permane dubbia la legittimità costituzionale di questa norma in considerazione del termine massimo, determinato in misura (anni 20) tale da rischiare di vanificare di fatto la previsione costituzionale dell'art. 13, quinto comma, ed in considerazione della carenza di criteri direttivi in proposito nella legge delega";

che la questione è, infine, ritenuta rilevante in quanto "il presente procedimento verte proprio sulla legittimità del provvedimento che ha dato applicazione alla norma della cui legittimità si dubita";

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile (per contraddittorietà e perplessità di motivazione) o comunque infondata.

Considerato che il giudice a quo è stato adito dalla difesa degli imputati, ai sensi degli artt. 304, terzo comma, e 310 del codice di procedura penale, quale giudice di appello avverso l'ordinanza della locale corte d'assise, con cui è stata disposta, ex art. 304, secondo e terzo comma, la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare durante il tempo in cui si terranno le udienze e si delibererà la sentenza;

che il giudizio a quo verte, pertanto, esclusivamente sulla legittimità di tale provvedimento in relazione ai requisiti indicati nel citato art. 304, secondo comma, del codice di procedura penale;

che, ciò posto, appare evidente la irrilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale dell'art. 304, quarto comma, del codice di procedura penale (che fissa il termine massimo insuperabile di durata della custodia cautelare, comprese le eventuali sospensioni del termine stesso), in quanto non si comprende quale nesso di pregiudizialità necessaria tale questione presenti ai fini della decisione demandata al remittente; né, del resto, la motivazione dell'ordinanza di rimessione fornisce alcun chiarimento al riguardo, ed anzi conferma indirettamente quanto ora detto là dove, in punto di rilevanza, il giudice a quo, con affermazione chiaramente erronea, dichiara che "il presente procedimento verte proprio sulla legittimità del provvedimento che ha dato applicazione alla norma della cui legittimità si dubita";

che, in conclusione, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 304, quarto comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 13, quinto comma, 76 e 77 della Costituzione, dal Tribunale di Bologna con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1991.